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Quando il lavoro diventa una droga

  • Francesca Bene
  • 10 feb 2016
  • Tempo di lettura: 5 min

workaholic, dipendenza da lavoro

Anche il lavoro può essere una droga.

La workaholism, detta anche work addiction (letteralmente dipendenza da lavoro), è stata introdotta nel 1971 da Oates, per indicare il bisogno incontrollabile di lavorare incessantemente, così da rientrare nel novero delle New Addiction, assieme alla Internet Addiction, Shopping Compulsivo ed altre. Il DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) classifica questa realtà come un sintomo dello spettro ossessivo-compulsivo, caratterizzato dall’ossessione per la perfezione, l’ordine e il controllo, a scapito della flessibilità, dell’apertura e dell’efficienza.

Si tratta dunque di un disturbo ossessivo-compulsivo, come lo sono la tossicodipendenza, l'alcolismo, il gioco patologico e via dicendo. Tuttavia, si differenzia dalle classiche dipendenze comportamentali, poiché non si riferisce, come per l’uso di sostanze, al ricorso ad un agente esterno per l’ottenimento diretto di un appagamento istantaneo, bensì ad un’attività che richiede uno sforzo finalizzato alla produzione di un lavoro o di un servizio, per il quale si prevede una remunerazione. La dipendenza da lavoro si associa spesso a tabagismo, farmaco-dipendenza, alcolismo, uso di droghe illecite, specie cocaina, ecc. Si parla in questo caso di polidipendenza.


L'efficacia del metodo dei 12 Passi di Alcolisti Anonimi anche nel recupero dei dipendenti da lavoro ha dimostrato la natura spirituale, oltre che fisica e psicologica della malattia. Tant'è che, recuperando un sano rapporto con la spiritualità e quindi con la parte di sé non razionale, il dipendente da lavoro può riconquistare equilibrio e benessere.

Il dipendente da lavoro utilizza la sua attività come una sorta di scappatoia per evitare emozioni negative, relazioni o responsabilità.

Un quadro completo delle cause all'origine della malattia non è ancora stato tracciato, ma di certo all'origine dello sviluppo di questo tipo di dipendenza c'è un problema di autostima molto accentuato. I workaholic si sentono spesso mariti, padri o figli inadeguati o non all'altezza delle aspettative altrui.


Una malattia lenta, progressiva e mortale. Difficilmente la società vede il lavoratore compulsivo come un soggetto malato, lo si definisce uno stakanovista e viene ammirato e lodato per il suo spiccato senso di dedizione e responsabilità da chi non gli vive accanto. Eppure, come tutte le dipendenze, anche quella da lavoro è una malattia lenta, progressiva e, se non curata, può essere mortale. Mentre in Italia la patologia è pressoché sconosciuta, in altri Paesi come il Giappone, tale fenomeno identificato con il nome di Karōshi (morte per eccesso di lavoro), è largamente diffuso ed è causa di decessi a seguito di infarti cardiaci e ischemici, dovuti alle eccessive ore di lavoro e alle condizioni lavorative stressanti. Si associa a questo fenomeno anche il Karo-jisatsu, termine che indica il suicidio al quale ricorrono gli impiegati che soffrono di depressione correlata all’eccesso di lavoro. (Araki & Iwasaki, 2005; Kanai, 2006).


Differenza tra "gran lavoratore" e workaholic. Periodi della vita in cui si sceglie o è necessario lavorare moltissimo non configurano dipendenza da lavoro. Il gran lavoratore alterna infatti al lavoro duro e prolungato spazi di vita liberi dal pensiero del lavoro e ne sa godere pienamente. Nel gran lavoratore non è presente il craving quando non sta lavorando. Tiene, inoltre, distinta dal lavoro la vita privata, mantiene senso critico e si dimostra consapevole.Nel workaholic lo stesso lavoro può subire conseguenze negative: spesso diminuiscono l’efficienza, paradossalmente la produttività, quasi sempre l’innovazione, la creatività tende a scomparire.

I sintomi. I sintomi più ricorrenti nella workaholism sono:

- Tempo eccessivo dedicato volontariamente e consapevolmente al lavoro (più di 12 ore al giorno, compresi weekend e vacanze) non dovuto a esigenze economiche o a richieste lavorative;

- Pensieri ossessivi e preoccupazioni collegati al lavoro (scadenze, appuntamenti, timore di perdere il lavoro);

- Poche ore dedicate al sonno notturno con conseguenti irritabilità, aumento di peso, disturbi psicofisici;

- Impoverimento emotivo, sbalzi di umore e facile irritabilità;Sintomi di astinenza in assenza di lavoro (ansia e panico);

- Abuso di sostanze stimolanti come la caffeina. (Castiello d’Antonio, 2010).

- Abuso di psicofarmaci


Cosa avviene a livello fisiologico. Ma vediamo come il lavoro riesce a trasformarsi in "sostanza" che crea dipendenza. Stanto a quanto appurato da studi clinici, il lavoro ha sul workaholic un effetto anestetizzante a livello emotivo. Ha lo stesso effetto sulla sfera sessuale: il dipendente è distaccato e insensibile, il desiderio si riduce fino ad azzerarsi. Il workaholic, essendo assillato dal lavoro, ha sbalzi adrenalinici elevati e diventa adrenalino-dipendente. Ciò determina aggressività che può manifestarsi in accessi di violenza verso l'esterno oppure in depressione quando la rabbia viene rivolta verso se stessi. Dorme poco e npn si sente mai stanco. Deve avere tutto sotto controllo. Uno dei sintomi più evidenti consiste nel fatto che non riesce a rilassarsi mai. Quando non lavora viene colto da noia e inquietudine. Si sente inutile se non è sotto pressione.


Le conseguenze organiche. Come detto, la dipendenza da lavoro crea anche gravi danni fisici alla persona malata, le cui conseguenze estreme sono la disabilità cronica e la morte. A livello organico nel workaholic possono manifestarsi problemi fisici come obesità, steatosi epatica, ipertensione, m. cardiovascolari, diabete e sindrome metabolica,A livello gastro-intestinale possono manifestarsi disturbi digestivi (colon irritabile, reflusso GE). A livello neurologico, sono frequenti cefalea e insonnia.

Le lo stile di vita scorretto e ripetitivo porta poi a malattie muscoloscheletriche e disturbi visivi da mancato rispetto delle pause dall'uso del pc.

Le ripercussioni sulle relazioni con gli altri. Questa patologia crea gravi disagi relazionali ed ha forti ripercussioni sul benessere della famiglia del dipendente. Tutto il nucleo famigliare cade nella catena della co-dipendenza. Per il workaholic il confine tra vita privata e lavoro non esiste, come non esiste il concetto di privacy. Non concepisce hobby e divertimento, anzi disprezza chi "perde tempo" e "butta via il denaro" andando ad un concerto, piuttosto che al cinema o allo stadio. Il malato si premura in maniera ossessiva di riempire il tempo libero e le ferie con attività legate al lavoro. La malattia attecchisce molto di più nei liberi professionisti che nei lavoratori dipendenti, questi ultimi sono infatti costretti a staccare una volta finito l'orario di lavoro.

Il workaholic suscita negli altri una doppia visione: è stimato all'esterno, suscita nelle persone a lui più vicine grande risentimento. Chi vive con un workaholic si sente tradito, e perde la stima di sé in quanto viene messo dal suo famigliare sempre al secondo posto, ovvero dopo l'ossessione per il lavoro. Anche sul posto di lavoro la sua vita relazionale è pessima. Il dipendente quindi è condannato a isolamento e solitudine.


Un dramma per la famiglia. Secondo quanto riporta Wikipedia, una ricerca statunitense su un campione di 326 donne (età media 47 anni) ha dimostrato che il rischio divorzio è altissimo. Solo il 45% dei workaholic riesce ad evitare il divorzio contro l'84% della popolazione generale. Una ricerca eziologica condotta dall'American Academy of Matrimonial Lawyers (associazione statunitense di avvocati matrimonialisti) indica il workholism come una delle cause più frequenti di divorzio ed il dato superficiale di abuso di alcol o relazioni extraconiugali è spesso solo la conseguenza secondaria (ma ben visibile) della rottura matrimoniale. Una ricerca condotta dalla Grant Thornton ha rilevato che in Inghilterra il 6% dei divorzi dell'anno 2004 è da attribuire al workaholism. Gli uomini sposati con le donne workaholics vedono una riduzione del 25% delle possibilità di godere di buona salute e potrebbero diventare alcolisti. Sono spesso divorati dalla collera. La donna è particolarmente portata a trasformarsi in lavorodipendente e non se ne accorge fino a quando il suo matrimonio non va in pezzi.

Molto gravi sono le ripercussioni che la malattia ha sui figli dei dipendenti, costretti a crescere in un ambiente stressogeno. Un figlio può reagire o negando la malattia del genitore e considerando quindi il suo modo di agire come normalità, oppure adottando comportamenti adattativi, come un progressivo congelamento dei sentimenti.


 
 
 

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